“Esiste il destino in una qualche misura o è tutto un caso alla fine?”, ecco l’argomento a rischiesta di oggi.
L’unico vero destino che abbiamo è la morte. Nulla al di fuori di questa destinazione che accomuna ogni essere vivente è certa né definita. Dopo la morte? Ancora vita. Come un cerchio che si apre e si chiude in continuazione, ciò che muore torna poi a vivere, mentre ciò che vive volge verso la morte.
Ma oltre alla morte, abbiamo un altro destino o è tutto in balia del caos? Difficile sbilanciarsi per una delle due “fazioni”, perché nonostante siano contrapposte comportano la stessa conseguenza.
Affermare che noi viviamo secondo un destino personale significa che non siamo liberi. È come dire che siamo degli individui che interpretano il proprio personaggio, ma credendo questo che personaggio sia ciò che realmente siamo. Se vivessimo secondo un destino, significa che siamo tutti dei falsi. Ecco un semplice esempio. Chi interpreta il personaggio di Amleto, non è lo stesso Amleto. Così io Gabriele non sarei “me stesso”, ma colui che interpreta il personaggio “Gabriele”. Insomma col destino si riduce la vita ad una dimensione di illusorietà. Perché questo bisognava esplicitarlo, per il fatto che spesso il destino viene inteso solo come la meta che siamo chiamati a raggiungere, pensando però che nel percorso abbiamo piena libertà di azione. Ma questa è una assurdità e una contraddizione. Come facciamo ad agire liberamente se siamo obbligati a raggiungere un posto predeterminato? Per arrivare a Milano da Varese ci sono diverse strade è vero, ma solo tutto obbligatorie per raggiungere Milano. Così allo stesso modo si svolge la logica dentro il destino, tutto quello che è possibile è già predeterminato.
Ora passiamo al secondo termine: il caos. Parola molto cara a tutti i “negazionisti” delle religioni, come a tutti i nichilisti, viene utilizzata con una stupefacente superficialità e incompetenza. In particolar modo il nichilismo ha iniziato a sorgere a seguito della filosofia di Nietzsche, che non è mai stata condivisa con fedeltà, che ha avuto il suo fiorire nel secolo passato. Le guerre mondiali hanno creato una situazione nella quale era difficile, se non impossibile, credere in una bontà divina o in un piano divino. Com’è possibile mantenere una salda fede nella divina provvidenza mentre il mondo viene distrutto con violenza ed indifferenza? Nichilismo qui ha dunque un significato di distruzione di tutti i fondamenti e certezze che favoriscono l’emergere di un caos. Nella filosofia di Nietzsche invece la distruzione, o il dionisiaco unito all’apollineo, serve a creare un campo per la rinascita. Si distrugge per poter ricostruire e non per lasciare le macerie a dominare la scena. Ma nonostante ciò non si può comunque dare una valida giustificazione alla consequenzialità tra caos e nichilismo. Dire che dal nichilismo segue il caos non ha un fondamento corretto. Dalla distruzione emerge una condizione di disordine è vero, ma nel senso che si prepara la condizione per un nuovo ordine e non per la permanenza “delle macerie”. Ma neanche dire che ci sia solo caos può implicare in nessun modo un nichilismo. Il caos, contrario di kosmos, indica l’assenza di definizione, di logica etc… Ma come si può bene capire in nessun modo si può arrivare da questo al nichilismo, ovvero alla distruzione, perché significherebbe aver distrutto un qualcosa che era definito. Ma ora vediamo velocemente in cosa il caos è simile al destino.
Caos più che indicare la negazione del destino, o di una logica divina, indica la stessa cosa ma con “struttura” opposta. In entrambi i casi permane l’idea di una forza esterna che influenza in assoluto le nostre esistenze. In una lo logica, nell’altra il disordine. Nella vita dunque ogni azione ha un filo rosso, o meglio una condizione predeterminata dalla quale non può slegarsi, o essere libera, che è la casualità. Qui anziché avere un copione predefinito, abbiamo una impossibilità di poter creare un personaggio, una identità. È come se tutto ciò che accade fosse a se stante e scollegato dal resto. È come essere in un film, senza trama, dove le scene non hanno una successione, ovvero non c’è un tempo, e appaiono a sprazzi per poi scomparire per sempre.
“La virtù sta nel mezzo”, Aristotele.
Visto che in nessuno dei due opposti possiamo trovare la risposta ci conviene cercare nel territorio di mezzo. Qui allora dobbiamo cercare di capire come e se destino e caos possano e si intersecano. Ma soprattutto dobbiamo capire come si presenti la libertà in questo scenario, perchè unendo caos e destino non risolviamo il problema della possibile condotta che sfugga alla determinazione di una qualche legge o condizione predefinita. Qui l’obiettivo non è trovare un’alternativa a caos e destino, ma una giustificazione che renda vallida l’unità di questi due domini che sembrano respingersi. Perchè unendoli avremmo la spiegazione della realtà come l’insieme del prevedibile e imprevedibile. Quindi per riassumere banalmente, “della scienza” e “dell’emotività.” Abbiamo detto che il destino è la predeterminazione che si manifesta nella consequenzialità logica e inscindibile degli eventi. Mentre il caos è la predeterminazione della irrazionalità e casualità degli eventi, che si manfiesta nella impossibilità di concepire una logica nella realtà. La libertà dunque deve essere più che un collante una possibilità comune sia al destino che al caos, per far si che si possa trovare un legame valido che in qualche modo unifichi questi opposti per evitare di avere due domini differenti. Se la libertà fosse solo un collante o un terzo che interviene per unire caos e destino, avremmo comunque questa divisione e quindi una realtà frantumata, non unitaria. Dunque la libertà deve essere quella possibilità di variare destino e caos facendo intervenire l’uno nell’altro. Una soluzione la si può allora trovare nella libertà come capacità di rendere logico l’irrazionale e irrazionale il logico, ovvero di rendere il destino come casuale e non consequenziale e il caos come consequenziale e non casuale.
Come il destino possa essere irrazionale, lo si può notare tranquillamente con un esempio, come con molti altri, della legge di gravitazione universale. Lascio cadere una piuma. Logicamente questa, seguendo le leggi fisiche, andrà verso il centro della terra. Eppure questo potrebbe non accadere nel momento in cui io la fermo o nel caso ci dovesse essere una folata di vento. Allo stesso modo potresti andare ad una serata con i parenti, che solitamente per te è noiosa, e questa potrebbe rivelarsi miracolosamente divertente. Miracolosamente, perchè è come se si fosse infranta una legge di natura.
Mentre possiamo vedere come il caos diventi razionale nel momento in cui si viene alla scoperta di una legge, solitamente scientifica. Usiamo ancora la legge della gravitazione universale come esempio. Semplificando e un po’ banalizzando, prima di questa legge il fatto che gli oggetti andassero verso terra era un caso e non una cosa certa, ovvero era slegata da una causa. Quindi che questi andassero verso terra o verso il cielo non era così rilevante. Eppure questa casualità è stata “trasformata” in causalità.
Ora arriviamo al punto. Il fatto che l’uno possa essere in qualche modo trasformato o modificato dall’altro significa che questi opposti siano più che collegati, ovvero vuol dire che nel caos c’è il destino e viceversa. La libertà non è altro che la manifestazione della loro profonda origine comune, e questa libertà non sarebbe possibile altrimenti, almenochè non si voglia ipotizzare una realtà lacerata. Per chiarire ancora il concetto, la libertà è quella possibilità intrinseca nel destino e nel caos, che sono intimamente uniti, che consiste nella capacità di modificare la predeterminazione di questi due, quindi di poter uscire dalla determinazione. Banalmente libertà è essere liberi.
Concludendo e rispondendo alla domanda, credo, nel mio piccolo, che caos e destino siamo comprensenti nella nostra esistenza che deve essere vissuta con responsabilità, quindi con la libertà di rispondere per se stessi. Libertà che nasce però dalle condizioni di caos e destino.
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