La volontà di potenza

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Volere non è potere

Ritorna spesso nei miei articoli questa riflessione. Sia perché è una tematica che mi sta a cuore, sia perché siamo bombardati dall’idea. In particolare, subiamo l’idea americana che la felicità sia una conquista. Dunque, se uno vuole essere felice allora lo può essere.

Un pensiero non solo che fa rabbrividire, ma anche che porta con sé conseguenze devastanti. Viviamo in un contesto che è infinitamente più ricco di altri paesi, in mezzo all’agio, senza mai avere fame ma solo appetito e voglia di mangiare… eppure siamo fortemente depressi, schiacciati e inetti rispetto agli obiettivi che abbiamo.

A volte semplicemente falliamo e non riusciamo in quello che veramente vogliamo. Molto spesso, invece, semplicemente vogliamo quello che non possiamo.

Volere ciò che si può

«La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere»[1].

Il filosofo greco Epitteto inaugura così il suo Manuale (scritto in verità dal suo discepolo Arriano). Lo filosofo stoico afferma che la realtà è divisa tra le cose su cui abbiamo potere e altre che, invece, non possiamo controllare.

Che cosa significa nel pratico? Nel pratico Epitteto vuole insegnare a saper discernere, quindi riconoscere e dividere, cosa possiamo controllare e cosa no. In poche parole, è un’educazione della volontà.

Per Epitteto la sofferenza umana è causata solamente dalle nostre convinzioni e credenze (rappresentazioni): «non sono i fatti in sé che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti»[1].

Se siamo convinti di poter controllare il meteo facendo la danza della pioggia o di poter piacere a tutti non siamo altro che stolti e ignoranti. L’ignoranza consiste nel credere di poter controllare ciò che non è in nostro potere così come di credere di non poter controllare ciò che è in nostro potere.

Il saggio è colui che sa a cosa è ragionevole reagire, nel senso che sa su cosa può avere influenza. Sa fino a dove si estende la sua possibilità di influenza, ovvero sa cosa è in suo potere e cosa no. Potere è possibilità, poter-fare.

Dunque, volere non è potere ma nemmeno potere è volere. Perché non significa che se qualcosa è in nostro potere allora deve essere voluto.

La volontà, come il desiderio e l’appetizione, ha bisogno di essere educata, altrimenti giunge a volere cose che gli sono estranee e nocive.

La volontà non può ciò che vuole. Per essere sana e non condurre l’uomo alla sofferenza deve volere solamente ciò che può volere.

La volontà che si vuole

«La Potenza, come volontà di potenza, non è ciò che vuole la volontà, ma ciò che vuole nella volontà […]. È per la volontà di potenza che una forza domina, ma è anche pure per volontà di potenza che una forza obbedisce»[1].

Gilles Deleuze spiega chiaramente in poche righe un concetto molto complesso, e malinteso, come quello della volontà di potenza sviluppato da Nietzsche.

La Potenza non si manifesta imponendo la propria volontà. La Potenza si manifesta quando la volontà vuole ciò che può volere. Ovvero, ciò che in suo potere. Questo è il significato dell’affermazione “la volontà di potenza è ciò che vuole nella volontà”.

Una volontà che deve, e non che può, è la volontà dello schiavo. Schiavo non solo fisico o politico, ma sopratutto e specialmente mentale, intellettuale ed emotivo. Chi agisce per dovere e non per volontà non potrà mai essere, né sentirsi, libero.

La volontà di potenza è la manifestazione della volontà entro il proprio potere, entro i propri limiti, entro ciò che si può volere.


[1] Epictetus, Enchiridion, a cura di E. V. Maltese, Garzanti, Milano, 2017, 1, p. 3.

[1] Ivi, p. 7.

[1] G. Deleuze, Nietzsche, Bertani editore, Verona, 1973, p. 29.


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