Una nuova avventura sta per cominciare e vorrei che anche voi ne faceste parte.
Ehi amico, ti faccio una proposta.
P: Ehi, ciao. Ho letto il tuo articolo sul Vangelo di Matteo. Strano, no?
W: Sì strano.
P: E come mai un ragazzo – sorry, giovane – si mette a pubblicare un articolo proprio sul Vangelo? Anzi, sul protagonista del Vangelo: Gesù di Nazaret? Tra l’altro il tuo blog personale, neppure quello della Parrocchia.
W: Io credo che si debba imparare a vivere e non c’è molta gente capace di insegnarlo. Vero, non c’è neppure molta gente convinta che “imparare a vivere” possa essere qualcosa che preveda un maestro. Diciamo che va per la maggiore la propensione a fare l’autodidatta. Come scrivevo nell’articolo che dici di aver letto, quell’uomo di duemila anni fa che – più o meno tutti – abbiamo avuto occasione di incrociare, più o meno direttamente, nella vita secondo me è uno che riesce a tenere insieme teoria e pratica; più semplice:
fa quello che dice.
P: Interessante. Ho una proposta per te. Ma forse prima dobbiamo spiegare a chi ci legge chi siamo, non trovi?
Ma come siamo arrivati qui?
Ero tornato a casa per il mio compleanno, verso la fine di Febbraio. C’erano tante persone da incontrare e tante cose da fare, come ogni rientro. Nella armoniosa e piacevole confusione, continuavo la mia solita interrogazione de I Ching, meraviglioso oracolo cinese.

Nelle varie consultazioni usciva la seguente sentenza:
“Propizio è vedere il Grande Uomo”.
Ovviamente, come ogni sentenza de I Ching, nulla è subito così chiaro. C’è bisogno di intuito, di elaborare le informazioni, di agire e soprattutto di sentire cosa vuole dirti. Nei giorni a seguire sentivo che dovevo sentire un amico e che questo amico fosse il Grande Uomo di cui l’oracolo mi aveva parlato. Ed è così che tra i molti amici mandai un messaggio a Padre Enrico (un prete con i contro crocifissi).
Dovevo vederlo non sapevo perché, ma così doveva essere. Ci siamo incontrati dopo due giorni a Milano, da lui ovviamente, e ora vi spiego perché dell’ovvietà.
Ne I Ching, ma in generale in tutti gli insegnamenti che si rispettino, viene chiaramente sottolineato che
è l’allievo andare dal maestro.
Mai avviene il contrario. Perché secondo voi i monasteri cristiani, induisti, buddisti e chi ne ha più ne metta, sono come si suol dire in cima al mondo? Perché non sono alla portata di tutti e perché chi vuole fare qualcosa di più della sua vita deve dimostrare che veramente vuole cambiare ed essere migliore di ciò che è. Cosa di meglio di una scalata di una montagna innevata e rocciosa con meno venti gradi per dimostrarlo?
Certo io sono andato solo a Milano. Ma permettetemi di manifestare il mio sgomento e la mia fatica. D’altra parte sono solo un ragazzo di campagna, sono abituato ai cavalli e agli aratri mica ai treni, ai lampioni e ai tram! Comunque, arrivato dal Grande Uomo iniziamo a chiacchierare. Più o meno nessuno dei due aveva idea del perché fossimo lì. Parlando del più e del meno, P.E. (così che lo chiamiamo) mi confessa che nei mesi precedenti aveva avuto intenzione di scrivermi, ma poi non lo aveva fatto. Forse perché è l’allievo che va dal maestro e mai il contrario. Mi dice che leggendo il mio blog aveva avuto l’idea di provare a commentare assieme dei passi del Vangelo. Ovviamente alla proposta rispondo: “NO! Mai e poi mai”. Ed è così che questo articolo non esiste.
Comunque, bando alle ciance, è così che ora ci troviamo, noi e voi qui.
Prima di iniziare…

Prima di andare avanti – continuò il mio interlocutore – voglio farti rileggere una pagina di un libro che tu conosci bene, una di quelle iniziali.
Certo che la conoscevo bene, ci avevamo fatto un recital:
“Mi disegni una pecora?”
“Cosa?”
“Disegnami una pecora.”
L’autore, dopo un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara e una notte trascorsa “sulla sabbia, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana”, viene destato “all’alba da una strana vocetta” che gli rivolge quella bizzarra richiesta. Il Piccolo Principe – un bambino dai capelli d’oro e dalle domande curiose – entra così nella storia di Antoine de Saint Exupery.
Non so dirti quanto Gesù e il Piccolo Principe dello scrittore francese siano parenti – secondo me tanto – ma io penso che se proviamo a incontrarlo, magari portiamo a casa anche più di qualche lezione sulla vita buona.
Se, come scrivevi tu, questo maestro è un praticante, di questo stile che va narrando con le sue parole, suppongo che si possa rivelare intrigante andare ad esplorarne il mistero.
E per iniziare…
Chi siamo già lo sapete, o comunque lo scoprirete. Credo che un uomo mostri ciò che è solo scrivendo, perché letteralmente riflette sé stesso in un dialogo che si apre oltre sé, inoltre nel parlato le parole volano via, qui rimangono.
Ci vuole coraggio e solo i coraggiosi e chi mostra sé stesso e si sente obbligato a scrivere e a scriversi.
Ci scoprirete e magari scoprirete anche voi stessi in queste parole.
Quello che vorremmo fare è portare nel vivo il Vangelo, in un dibattito che vuole coinvolgere un terzo partecipante (i lettori attraverso i commenti). I dialoghi che seguiranno saranno mirati allo sviscerare e rendere più palpabile le parole, ma soprattutto, le azioni di Gesù. La vera sfida sarà quella di rendere comprensibile qualcosa che è incredibilmente semplice ed intuitivo e che proprio per queste sue caratteristiche, troppo spesso, viene preso bollato come banale e inadatto alla nostra esistenza terrena.
Il dialogo sarà il nostro principale strumento, ovvero l’incontro di pensieri con approcci e vissuti differenti, che cercano di convergere in un punto. Non sempre sarà così, ma d’altra parte è l’argomento che trascina lo scrittore e mai il contrario. Siamo esseri limitati e piccoli, con i nostri piccoli mondi, solo attraverso l’unione e il confronto (che sia nella lettura, tramite film, dipinti…) possiamo “vivere di più” ed “essere di più”. Dunque, il dialogo sarà il nostro ponte che spera di poter collegare tanti micro universi.
Ecco come si chiamerà il nostro percorso, il nostro sentiero:
Il Vangelo in cammino
Il titolo vuole riferirsi alla fede come stile di vita: faccio un incontro (magari, semplicemente mi capita o, piuttosto, sono io che vi capito): ci trovo del buono, qualcosa di promettente, e mi arrischio a seguire i passi di Colui che ho incontrato, con la voglia di saperne di più. E, tra alti e bassi (così camminano gli uomini e, per quanto so, anche le donne) scopro che vale la pena continuare a seguire. E, pure se mi accade di allontanarmi, persiste una nostalgia che mi richiama lì. Credo vada così, per me almeno, anche con Gesù, il Cristo (a questo titolo giungeremo in seguito), l’“atleta” di Dio che si muove e ti chiama a seguirlo
come mi ha detto P.E.,
ovvero che quest’Uomo non è mai dove ti immagini di trovarlo; ti stimola continuamente al moto e alla ricerca che va intesa come totale e in tutte le dimensioni.
Quindi, “mi disegni una pecora?”. Insomma:



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