Quel varco per l’oltre muro

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Ma c’è qualcosa dietro questa barriera? E spingo e spingo, cerco di varcarla questa soglia che sembra non esserci. In questo muro cerco un foro, una luce che mi dia la speranza che ci sia qualcosa di più, qualcosa… qualcosa.

Perché ti tocco e tu mi tocchi, ma sento questo dannato desiderio, questo dannato richiamo che mi chiede di andare oltre la tua pelle, oltre la mia pelle. Però non riesco. Però non posso. E allora non capisco se stia sbagliando strada o se proprio non esista questa strada.

Non dentro te, ma oltre me e te. È da lì che sento che una voce senza suono mi chiede di seguirla. Ma cosa c’è dopo me e te?

Non so cosa stia cercando, non so di che conferma io abbia bisogno. So che questo non è abbastanza per spiegare tutto, per renderlo anche solo ragionevole, anche solo per farlo sembrare vero.

Tutti su dissolve lentamente e intanto si vaga in cerca di ancore che pian piano, più veloci del vento, si sgretolano. Saltiamo su tasselli pronti ad essere inghiottiti dalle tenebre.

Voglio andare oltre, superare me stesso. Per questo però, non so se devo negarmi oppure se devo lasciare andare… tutto. Non sono che un frammento fatto di frammenti, come una clessidra forata sul fondo, destinata a svuotarsi.

Ma per andare oltre tutto ciò devo agire o pure lentamente morire? E si potrebbe ancora parlare di morte? O sarebbe ora liberazione verso la verità?

Non capisco se questo corpo sia una gabbia o ponte. Ma se fosse un ponte, questo sarebbe incompiuto, perché sento che nonostante mi sforzi, non riesca ad avvicinarmi, ad essere uno.

E in tutto questo si sente, che ci deve essere qualcosa di più, qualcosa che ti faccia sentire unito, che ti dia la certezza di essere e non solo di apparire. Un sentimento non chiaro, oscuro che illumina il nostro essere nel mondo, che ci fa da guida e ci rassicura di non essere soli. Però è come un Innominato che non si mostra.

E forse è proprio questo Dio, quell’oggetto di questo sentimento che ci è così estraneo, ma familiare, che sentiamo ci appartenga o forse a cui noi apparteniamo.

Perché alla fine più si scava, più si cerca e più si comprende che i nostri dolori, le nostre paure, le nostre insicurezze non derivano da altro che dal terrore di essere solo una mera apparenza.

Svaniamo e ci sciogliamo perdendo pezzi in questo sentiero a senso unico che è il tempo. Ma siamo-esistiamo nel tempo? O siamo solo un riflesso rifratto di ciò che relamente “è”?

Gira e rigira tutte le nostre lotte, la volontà di fama, di essere ricordati non son altro che un tentativo di essere eterni, di trascendere l’apparenza che domina la nostra vita. Ma un’apparenza infinita non potrà mai uguagliare l’essere ed è lì, dopo me e dopo te, oltre l’apparenza che sento quella voce muta che non muta, perché oltre il tempo.

Quindi aspetto e spero, che passi questa apparenza perché dovrò superare il tempo perché io possa finalmente essere. Se l’amore è la risposta, allora aspetterò. Ma non starò qui seduto, mi alzo e cammino e poi corro perché so di essere ancora lontano da questo confine, sento che devo avvicinarmi. Devo prima di tutto affacciarmi a questo muro e continuare a scalfirlo. Una luce arriverà, deve arrivare, perché ora è davvero troppo buio.

Ispirata a Touch dei Daft Punk


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