6) Come una foto

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“Alzati Gigi. Ora vado. La colazione è pronta. Ciao!”. La mamma ti saluta. Sei assonnato e non sei molto reattivo, stai ancora cercando di capire se sei sveglio o meno. Sei chiuso in casa, ma stai facendo di più di quando potevi uscire. Spesso noi usciamo di casa e andiamo nel casino per sfuggire a noi stessi, a quella voce interiore che non vogliamo ascoltare, che cerchiamo di soffocare nel frastuono della compagnia. In questi giorni Gigi, stai imparando ad ascoltarti. “Penso che stare con te stesso possa farti bene. Devi imparare a conoscerti”, parole della dottoressa. “Concentrati su quello che il tuo corpo vuole dirti. Se presti attenzione lui avrà sempre un qualcosa da condividere con te. Quando non senti nulla, è perché tu non vuoi ascoltarlo.” La mamma concordava con le parole di Marta, la dottoressa: “In effetti in questi giorni mi sembravi preso da tantissime cose, ma era come se non fossi presenti, in fuga da qualcosa.” Scuoti la testa come se volessi scacciare via i pensieri. Ti alzi e scendi le scale. La colazione c’è, mamma te lo aveva anticipato. Sei pensieroso, più rispetto al solito. Ma che vuol dire <rispetto al solito>? Cioè, vuol dire che c’è uno standard da rispettare o a cui far riferimeto? D’altra parte lo diciamo sempre: <sei più felice del solito>, <oggi mi sembri meno arzillo>… Tutti noi abbiamo uno standard, che però si basa su come gli altri ci percepiscono. Questo è il vantaggio di chi è sincero, non inganna gli altri e non ingabbia sè in una immagine che non gli appartiene. “Gigi a volte mi sembra che tu cerchi di fare quello che gli altri, vorrebbero che tu facessi. Non mi sembri contento di quello che fai.” Forse mamma ha ragione. La testa ti sembra pesante e non ti va di finire la colazione. La lasci lì. Ti avvicini al salotto e lo osservi. Ieri guardandolo hai sorriso, oggi guardandolo di dà una sensazione di nausa. Non la digerisci sta situazione. Fuori c’è il sole. C’è bel tempo, perché non va tutto bene? Ti avvicini alle foto, poi ai film. Lì guardi e provi ancora più disgusto. Stai pensando che questo <non è il loro posto>. Con uno scatto quasi fuoriso riprendi tutto e cerchi di rimetterli nel modo più simile a come sono sempre stati. Vedi Gigi, ti lamenti che sei ingabbiato, che gli altri di impongono uno <standard> a cui attenerti, ma tu che stai facendo con il tuo salotto? “Il mondo cambia, non è statico, sei tu che puoi fermarlo, come se facessi una fotografia. Catturare un momento e poi fissarlo per sempre come se fosse sempre lì, immutabile davanti a te. Gigi, puoi farlo, ma questa è solo un inganno che fai a te stesso.” Parole di Marta, che ora più che mai ti rimbombano nella testa. Ma nulla, tu vuoi guardare <quella fotografia>. “Gigi è da tanto che fai le stesse attività, ma si vede che non ti piacciono. Non ti diverti, non sorridi, torni a casa arrabbiato. Come se stessi assolvendo un dovere o una punizione. Puoi scegliere, ma non sarà sempre così. Ma finchè puoi, Gigi, scegli.” Ma la mamma non la vuoi ascoltare, neanche lei. Tutti ti parlano ma non ascolti nessuno, nemmeno te stesso. Eppure in tutto questo frastuono che tu cerchi per perderti e non ascoltarti, ma non parli mai. Non dici nulla. Click, scattata, hai rinnovato la stessa fotografia.

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